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Svelata la prima immagine del buco nero della nostra Galassia, un successo a cui hanno contribuito tanti scienziati italiani

Gli scienziati della collaborazione Event Horizon Telescope (EHT) hanno svelato la prima immagine del buco nero supermassiccio che si trova al centro della nostra galassia, la Via Lattea. I risultati ottenuti dal team internazionale – a cui l’Italia partecipa con ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), dell’Università di Napoli Federico II e dell’Università di Cagliari – sono descritti in diversi articoli pubblicati su un numero speciale della rivista The Astrophysical Journal Letters.

Già in passato gli scienziati avevano scoperto stelle che si muovevano attorno un oggetto molto massiccio, invisibile, che avevano ipotizzato fosse un buco nero. La straordinaria immagine ottenuta dai ricercatori di EHT fornisce ora la prima prova visiva che Sagittarius A* (Sgr A*) – questo il nome dell’oggetto – sia effettivamente un buco nero, offrendo ai ricercatori preziosi indizi per comprendere il comportamento di corpi come questo, che si ritiene risiedano al centro della maggior parte delle galassie.

La foto resa pubblica dagli scienziati è una media di immagini estratte dal team di ricerca, catturate da Event Horizon Telescope, un potente strumento che mette insieme otto osservatori radioastronomici in tutto il mondo a formare un unico telescopio virtuale delle dimensioni della Terra. Il nome del progetto si riferisce all’orizzonte degli eventi, la soglia di un buco nero oltre la quale nulla può sfuggire.

Nella “foto” scattata dai ricercatori non riusciamo a vedere il buco nero in sé, perché esso non emette luce, ma il gas che gli brilla attorno, caratterizzato da una regione centrale scura, chiamata “ombra” del buco nero, circondata da una struttura brillante a forma di anello. L’immagine cattura la luce distorta dalla potente gravità del buco nero, dotato di una massa pari a quattro milioni di volte quella del Sole.

“È uno straordinario risultato della cui portata riusciremo a renderci conto davvero solo con il tempo”, ha detto il Ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa. “Complimenti al grande e globale gruppo di lavoro che ha consentito di raggiungerlo e, all’interno di questo, alle scienziate e agli scienziati italiani. Questa scoperta dimostra come le reti collaborative di ricerca internazionale siano fondamentali per il progresso di tutti, di come sia importante per l’Italia farne parte investendo, in modo continuo e stabile negli anni, in grandi infrastrutture di ricerca e di dati, per rafforzarle e implementarle sempre di più, e di come si debba fare uno sforzo per preservare queste reti anche in momenti di crisi. Questo risultato ci ricorda anche che non si deve avere sempre fretta di raggiungere in pochissimo tempo un determinato risultato: la ricerca ha i suoi tempi e a questi dobbiamo avere la pazienza di adattarci, consapevoli che ne varrà sempre la pena”.

L’immagine di Sgr A* appare molto simile a quella del buco neroposto al centro della galassia M87: il primo oggetto di questo tipo di cui sia stata ottenuta una immagine, resa pubblica, sempre dalla collaborazione Event Horizon Telescope, nel 2019. Aldilà della somiglianza tra le due “fotografie”, il buco nero al centro della nostra galassia è oltre mille volte più piccolo e meno massiccio rispetto a quello di M87. “Abbiamo due tipi completamente diversi di galassie e due buchi neri con masse molto diverse, ma vicino al bordo di questi buchi neri, l’aspetto è sorprendentemente simile”, ha spiegato Sera Markoff, docente di astrofisica teorica all’Università di Amsterdam, Paesi Bassi, e Co-Chair del Consiglio Scientifico di EHT. “Questo ci dice che la relatività generale governa questi oggetti da vicino, e qualsiasi differenza vediamo in regioni più lontane deve essere dovuta a differenze nel materiale che circonda i buchi neri”.

Nonostante Sagittarius A* si trovi molto più vicino a noi rispetto al buco nero di M87, è stato dunque molto più difficile da immortalare del predecessore. Il team di ricerca ha dovuto sviluppare nuovi sofisticati strumenti di analisi dati per tener conto del moto del gas intorno a Sgr A*, che impiega pochi minuti a completare un’orbita attorno ad esso, a differenza di quanto avviene per il buco nero di M87, molto più grande, in cui il gas impiega giorni o addirittura settimane per orbitare attorno ad esso. “La variabilità è uno degli aspetti critici di Sgr A*: se da un lato rappresenta una grande sfida per la produzione di immagini del centro galattico, dall’altro ci fornisce uno strumento fondamentale per l’indagine dei processi fisici che vi hanno luogo”, ha commentato Nicola Marchili, ricercatore INAF, che ha lavorato all’analisi dei dati sulla variabilità temporale del buco nero.

“Oltre a sviluppare nuovi strumenti per realizzare l’immagine di Sgr A*, il team ha prodotto milioni di immagini con diverse combinazioni di parametri per i vari algoritmi di imaging, usando grandi infrastrutture di calcolo”, ha aggiunto Rocco Lico, associato INAF, co-leader di uno dei gruppi che si occupa di analisi dati nell’Imaging working group e Information-technology officer della Collaborazione EHT.“In questo processo, è stata anche compilata una biblioteca senza precedenti di buchi neri simulati da confrontare con le osservazioni”.

Il lavoro della collaborazione Event Horizon Telescope, comunque,non si ferma. “La rete EHT è in continua espansione e oggetto di importanti aggiornamenti tecnologici: così potremo avere immagini ancora più impressionanti e addirittura filmati di buchi neri nel prossimo futuro”, ha annunciato Ciriaco Goddi, docente presso l’Università degli Studi di Cagliari, associato INAF e INFN, che fa parte di questa impresa sin dal 2014, come coordinatore del gruppo europeo di BlackHoleCam, uno dei progetti da cui ha avuto origine la Collaborazione EHT. Lo scorso marzo, per esempio, è stata condotta una nuova campagna di osservazione che include tre nuovi radiotelescopi.

Articoli pubblicati su The Astrophysical Journal Letters

Ministero dell'Università
e della Ricerca